“Lasciatevi violentare, emotivamente” di Monica Manganelli.
Non sono capace di separare il lavoro da ció che realmente mi interessa. Nelle esperienze umane e creative che cerco, l’ uomo è sempre protagonista, anche quando non c’è. Amo il “wow effect” che disorienta l´osservatore e rallenta il battito dei pensieri, quel qualcosa che invita a indugiare nell´osservare. Cerco un lato spirituale in quello che creo e vivo, quel momento sospeso e impalpabile in cui le cose accadono.
– “I JUST WANT TO BE PERFECT”, -“Perfection is not just about control. It’s also about letting go.”
Aci Galatea e Polifemo – Teatro Regio Torino
Quando sentii queste parole mi commossero alle lacrime quando vidi per la prima volta il film di Darren Aronofsky , BLACK SWAN con Natalie Portman. Mi ricordarono il grande e unico insegnamento che mi diede il mio “maestro” quando ho iniziato a lavorare in teatro e nella lirica. Chi mi conosce sa cosa sono stati i miei primi 10 anni di carriera professionale, una gavetta durissima, in un mondo chiuso ed estremamente maschilista.
Però devo ammettere che nonostante il mio maestro fosse la persona più negativa che abbia mai incontrato nella mia vita, (di cui fui assistente e lavorai al suo fianco quasi 8 anni), mi ha insegnato una cosa che è stata fondamentale per la mia crescita umana e professionale: La perfezione non sta solo nel controllo. E’ anche lasciarsi andare. L’unico modo per capire a pieno questo lavoro, quello artistico-creativo (ma non solo!) è quello di lasciarsi trascinare, lasciarsi coinvolgere emotivamente. Fare in modo che le paure, le incertezze, si ripercuotano nella vostra sensibilità, ed ammirare così quei momenti di perfezione che percepirete così unicamente in un pieno coinvolgimento emotivo.
Ero una bambina estremamente timida, nonostante questo fin da veramente piccola ho sempre saputo cosa volevo dalla vita e dove volevo arrivare, quindi venendo dal nulla, nel crescere puntai tutto sulla ricerca estrema della perfezione tecnica in maniera davvero maniacale.
Ricordo ancora un professore delle scuole superiori che diceva sempre a mia madre: “non so che dire perché è talmente perfetta tecnicamente che non gli si può dire nulla ma non tira fuori quello che ha dentro e mi fa rabbia”…lo stesso fu quando iniziai a lavorare, tanto che pochi giorni fa ho ritrovato proprio un biglietto del mio maestro dopo un anno di lavoro con lui, che diceva “nonostante non sia una persona facile e le mie sgridate devo riconoscerti una disciplina e tenacia estrema che spero continuerai a coltivare, tecnicamente non posso rimproverarti nulla ma ti manca il lasciarti andare emotivamente e in questo lavoro è fondamentale”.
Da quel momento, quello in cui mi lasciai andare, ho capito che l’unico ostacolo fra noi e il successo siamo solo noi stessi. Da quel momento non ho avuto più ostacoli e la strada si è aperta davanti a me.
TENACIA E CORAGGIO sono state le mie parole magiche e sentimenti che mi hanno sempre caratterizzato e lo sono tutt’ora. Ho sempre pensato che una carriera si costruisce sui sacrifici e i no. Non ho mai scelto di accettatare un lavoro per soldi o altro, ma solo perché credevo al progetto a cui partecipavo o lo ritenevo importante per la mia crescita professionale. Credo che il coraggio è qualcosa che nasce dalla forza che uno ha dentro, da una convinzione interiore e dall’amore per la vita, mai disgiunto dalla consapevolezza e dalla fiducia nelle proprie azioni.
Samson et Dalila – Teatro Comunale Bologna
Tante volte ad un certo punto in cui ho vissuto per tanti anni la mia passione come un gesto d’amore assoluto, tante volte mi sono posta questa domanda, ed era sempre la stessa..”Chi me lo fa fare?” ma allo stesso modo come la domanda era sempre la stessa, lo stesso valeva per la risposta , era sempre identica: “Chi me lo fa fare?” E io risponedevo “Un desiderio impellente, che non mi ha mai abbandonato neanche quando tutto sembrava perduto”. Altre risposte proprio non mi son mai venute.
Ci sono molti ragazzi che gli ultimi anni mi hanno scritto dopo il lavoro in Cina e Cloud Atlas e tutti mi chiedono consigli e ricaricano con parole di stima ma dalle loro parole spesso noto una caratteristica comune: il dimenticarsi della parola SACRIFICIO. Un discorso a cui tengo molto e di cui parlavamo poco tempo fa con un caro amico. Credo che la parola sacrificio sia la prima delle tante incluse nelle qualità di un TALENTO.
I miei 10 anni di cosiddetta gavetta, chi mi conosce sa che non auguro neanche al mio peggior nemico, hanno voluto dire fare una scelta di vita. Questo lavoro richiede disciplina e impegno (ma ritengo come qualsiasi altro se si vuole arrivare ad essere i migliori) e ha voluto dire scegliere di non fare una vita “normale”: passare a volte il giorno di Natale e Capodanno, i sabati e domeniche a esaudire le richieste di registi alle 4 di notte (perché non so come mai ma le idee migliori arrivano sempre a quella ora!!), essere pronti a prendere un aereo il giorno dopo senza avvisi, trovarsi in stanze d’albergo da soli dall’altra parte del mondo magari dopo che in palcoscenico eri stata umiliata davanti a tutti e senza nessuno che ti difendesse, o che la “amica del capo” (chiamiamola così) di turno si era presa gli onori per te, tutto questo invece di uscire con gli amici o fidanzati (che non c’erano ovviamente) o divertirsi altrove.
Senza contare che i primi anni in concomitanza ho fatto mille lavori, ma il mio obiettivo era sempre solo uno e non me lo dimenticavo. Ho visto cose che davvero voi umani non immaginate neppure! Il mondo dello spettacolo non è per nulla facile e la sete di potere dilaga in ogni dove. Non lo rinnego e non rimpiango assolutamente il passato, anzi non sarei dove sono ora, sicuramente però non giustifico il modo tiranno che una certa vecchia scuola aveva e ancora ha nei confronti degli assistenti e collaboratori vari. Fortunatamente da certe dinamiche “sporche” non mi sono mai fatta forviare, erano solo perdite di tempo al raggiungimento del mio obiettivo e non di certo in linea coi miei valori, me ne sono sempre “infischiata”, e ho sempre ritenuto la mia carta vincente puntare su serietà e professionalità.
Non è scritto da nessuna parte che si debba essere despoti per ottenere un risultato. Io credo tutto il contrario, esigenti si (lo sono molto in maniera estrema con chi lavora con me) ma credo nelle qualità morali di un leader e nel suo carisma ed entusiasmo positivo, nell’incitamento e capacità di tirare fuori il meglio da ogni componente della sua squadra stimolandolo. La gentilezza è qualità necessaria che denota una consapevolezza e superiorità notevole.
Ma credo anche che quella vecchia scuola di maestri, che ancora esiste (perché purtroppo non ce la togliamo in nessun modo in tutti i campi, dalla politica all’università ecc) si rifugi in atteggiamenti tirannici e despoti solamente per PAURA, la paura di perdere POTERE, quindi inevitabilmente non ci si apre al nuovo e non gli si concede la possibilità di esprimersi.
Cloud Atlas
Questo ho capito era quello di cui aveva paura il mio maestro: il momento che me ne sarei andata e non voleva che succedesse. Ma c’è stato un momento preciso, causa una ennesima delusione e mancanza di fiducia reciproca che venne a mancare tra noi, di cui ricordo data e anno, che mi fece capire che era il momento di chiudere definitivamente. Davanti a me avevo il nulla totale, non sapevo o avevo idea che avrei fatto, ma è come un amore, gli avevo dedicato 10 anni della mia vita e non avevo ricevuto nulla in cambio, ero delusa e non c’erano più le possibilità di continuare e ne ero consapevole, non era stato un rapporto alla pari. Decisi di tagliare definitivamente nonostante avrei rischiato di fare chi lo sa tutt’altro che il mio mestiere.
Ma era arrivato il momento per assecondare istinto e aspirazioni senza paure e non mi interessava se avevo davanti a me il vuoto; sapevo che avevo perseguito con coerenza i miei obiettivi e che in qualche modo avrei proseguito e se non ero mai scesa a compromessi prima non l’avrei fatto di certo dopo.
Quindi capii che l’INTRAPRENDENZA sarebbe stata L’ANIMA DELLA MIA PARABOLA: avrei consumato molte scarpe, avrei vinto e avrei perso, sarei andata all’attacco e mi sarei difesa, avrei pagato il prezzo delle mie partite, ma soprattutto, soprattutto non sarei mai stata in panchina.
Anche in un pozzo avrei alzato la testa chiedendomi, risalendo: TEMPI DURI, CHE CI INVENTIAMO ORA?”
Così è stato! Mi concessi 6 mesi per viaggiare, vedere cosa succedeva nei teatri stranieri, nelle metropoli, conoscere persone, mostre, stimoli culturali ecc..così arrivò, senza che me lo aspettassi, la chiamata da quello che considero il miglior teatro al mondo, Le Monnaie a Bruxelles, mi accolsero per propormi una offerta di lavoro strepitosa. Subito pensai “cavoli ho l’opportunità di dimostrare subito a quel teatro e certo ambiente italiano che mi aveva tradito che cosa si erano persi e poi in quello che considero il massimo luogo di eccellenza teatrale”…tutto sembrava perfetto però mi guardai dentro onestamente e capii che era solo rivalsa e che dovevo andare oltre, non era quello che mi interessava più. Quindi dissi di no perché volevo provare cose nuove e sentirmi viva per nuovi stimoli. Per molto tempo non entrai più in un teatro, avevo chiuso e così fu, ma dissi solo tra me e me che “un giorno si sarei tornata a lavorare in teatro ma solo se ne valeva la pena e per un progetto grandioso dove avrei messo la firma”.
Nell’arco di qualche giorno, orgogliosa del mio no a Bruxelles, ricevetti un’altra chiamata che mi permise di entrare nel mondo della scenografia virtuale e creatività nell’ambito del cinema e pubblicità. Nuovi scenari si aprivano. In fondo il cinema fin da quando ero bambina era sempre stato il mio sogno, il teatro solo un passaggio ma necessario per imparare il mestiere.
Dopo neanche 7 mesi nel nuovo ambito di lavoro mi sono ulteriormente “buttata” e come sapete arrivò l’occasione di Cloud Atlas a Berlino, da li non mi sono più fermata, 4 anni dove ho lavorato soprattutto all’estero (moda, cinema, pubblicità), perché nel frattempo la rabbia che un paese come l’Italia non riuscisse a farmi esprimere e lavorare rimaneva forte.
E così poi ti ritrovi in silenzio a stilare privati bilanci di vita conscia del fatto che mancano sempre voci decisive, nonostante le esperienze fatte, i lavori affrontati, le professionalità accumulate, le referenze affastellate con successo illo tempore… gli inciampi che hanno permesso di crescere, gli attestati di stima collezionati su più fronti. Questi 4 anni si sono conclusi con l’esperienza della Cina (ottobre 2013), dove sono ritornata in teatro, mettendo la firma e unendo un concetto di teatro classico con la scenografia cinematografica virtuale, di più non potevo sperare.
Traviata – Beijing Music Festival
Dopo questi 4 anni però capii che un altro ciclo di vita, umana e professionale era finita. Non potevo più tornare indietro, ma solo andare avanti, dovevo e potevo aspirare di più, quindi i no avrebbero dovuti essere ancora più severi. Soprattutto ora non ero più disposta a sacrificare certe parti della mia vita privata e le qualità morali delle persone con cui avrei voluto lavorare dovevano essere allo stesso livello di quelle professionali. Volevo conoscere e vedere lavorare un numero uno vero, un leader che mi permettesse di esprimere al meglio la mia creatività.
Mi dissi quindi che era arrivato il momento di rischiare ulteriormente e far uscire tutte le mie potenzialità e mi sentivo finalmente pronta di dire la mia sotto tutti i punti di vista.
Decisi che se entro la fine dell’anno non avessi trovato nuovi stimoli ero disposta a cambiare mestiere, perché credevo talmente nelle mie potenzialità che non ero disposta più a regalarle se non c’erano progetti che ritenevo all’altezza. Ricevetti due proposte che mi avrebbero ricoperto d’oro da qui ai prossimi 5 anni, da persone che però non ritenevo propriamente “adatte” e rifiutai, perché sentivo che non mi convincevano.
Non sia mai che prima di Natale ho ricevuto la chiamata che mi ha cambiato la vita, ho conosciuto un leader vero che mi ha dato e sta dando fiducia e la possibilità di lavorare al massimo livello. Quando ci siamo incontrati la prima volta lui mi disse “io voglio scalare l’Everest e tu?”, io risposi “L’Everest? No è troppo facile io voglio arrivare sulla Luna”, da qui è nato il nostro sodalizio e spero prosegua per un po’.
Traviata – Beijing Music Festival
Inoltre con l’inizio dell’anno ho scoperto che esistono emozioni autentiche. Sensibilità gemelle che si sfiorano. E quando riconosci questi emisferi per osmosi ti arricchisci. Inevitabilmente. Perché ci sono sguardi che colgono essenze da lontano, in silenzio. Parole che scavano dentro e che sprigionano colori e sensazioni inattese, non contemplate. Questo sarà quello su cui voglio puntare e rischiare ora per il mio futuro.
Come finale mi piace citare questa frase che per quanto sembri utopistica e pazza mi rappresenta pienamente nei miei deliri in cui il mio sogno sembra lì a portata di mano…anche se forse è ancora molto lontano, ma comunque sento che la strada intrapresa da percorre è giusta:
“E’ ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile. Coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che appariva loro come possibile, non hanno mai avanzato di un solo passo.” Bakunin..
Il mio totem, che mi assegnarono quasi 20 anni fa (avevo 16 anni) , è “Donnola Sorridente”, qualcuno mi scrisse “la tua voglia di ricominciare ti servirà nella vita” e così fu!
Monica Manganelli